NELL’OCCHIO DELL’ANATRA – BREVI STORIE VERE DI ANIMALI

NOI, ANCHE UN PO’ ANIMALI

Formiche che si azzuffano in epiche battaglie, cani che fanno stragi di galline ma anche cagne che allattano capretti, pipistrelli intrusi e cavalli altezzosi e indifferenti: ecco l’universo che popola queste pagine, un universo di uomini e animali che allegramente e faticosamente cercano di vivere insieme. Per essere precisi tutti gli animali (e qualche persona) che hanno attraversato la vita di Manuela Caretta, e che ancora la popolano. Un racconto di famiglia, o meglio tanti racconti, quindi, ma soprattutto una vita, la sua, letta attraverso questa chiave un po’ particolare: io e gli animali, o forse sarebbe meglio dire gli animali ed io, perché come vedremo, non è ben chiaro chi abbia dato di più, chi abbia insegnato di più.

Libri di animali e sugli animali ce ne sono tanti in circolazione, ma questi dodici racconti ci paiono interessanti per diverse ragioni. Intanto, come si diceva, sono gli animali che scandiscono una vita, e mentre leggiamo di cani e cavalli vediamo scorrere gli anni di una ragazzina, di una famiglia, partecipiamo come fra le righe a piccoli e grandi episodi di una saga: l’infanzia di Manuela, il padre, la sorella, l’università. Una scrittura articolata, dunque, che finisce per coinvolgere l’autrice in primissima persona, per raccontarci di lei in una chiave che lei stessa ha scelto e che pertanto è ancora più significativa. Per raccontare di questo processo identificativo basti pensare alle tavole, dipinti dei suoi animali, una sorta di fantastica galleria zoologica: chi conosce Manuela sa che fra le altre cose è una bravissima pittrice, un’artista che ha fatto della sua vocazione una ragione di vita e un mestiere, e anche attraverso questo omaggio grafico ha voluto trasmetterci il suo coinvolgimento, e coinvolgere noi lettori.

Racconti vissuti, insomma, con l’emozione e l’interesse di bambina, ma anche guardati ora a distanza di anni con un interesse cresciuto, con un distacco che nulla toglie all’affetto e alla passione. Ogni racconto è accompagnato da una serie di brani ricavati da celebri etologi o zoologi che in una dimensione scientifica confermano quelle stupefacenti caratteristiche che chi ama gli animali aveva già osservato da sé: cani preveggenti, cavalli che mostrano emozioni, galli con cervelli di rettili e cose così, stupefacenti e istruttive. Passano pagina dopo pagina i grandi nomi di Konrad Lorenz, Danilo Mainardi, i padri dell’etologia, e il dialogo dà spessore, arricchisce di spunti quel rapporto uomo-animale che è al centro del libro ma è anche una costante di questo nostro esserci nel mondo. Si scopre, in questo percorso sospeso fra scienza e quotidianità, una cosa che tutti sospettavamo ma che a volte ci pesa un po’ ammettere: anche i nostri comportamenti, la nostra possessività, territorialità, crudeltà, generosità sono frutto di evoluzioni genetiche e di adattamenti ambientali al pari di quelli dei nostri cugini animali, e questo ci dovrebbe insegnare un paio di cose. Intanto a guardarli con maggior rispetto riconoscendo in loro, potenziate o embrionali, le stesse emozioni e gli stessi comportamenti che abbiamo noi; in secondo luogo a guardare noi stessi con maggior disincanto e realismo, riconoscendo dentro i nostri gesti una buona dose di natura che grazie a Dio la cultura non ha ancora cancellato del tutto. Emblematico il caso della bambina che, incapace di entrare in relazione in altro modo, riscopre la forma primitiva, ancestrale, il morso: la trovate nel racconto sui morsi, assieme al pointer Sniff, al cane Chicco e al gatto di un’amica. Si noti, un racconto sui morsi, a conferma che le storie di queste pagine sono davvero vissute, passate attraverso la pelle di Manuela e quindi intrise di una verità profondissima.

Racconto dopo racconto le suggestioni si moltiplicano, e a guardare bene si potrebbe rintracciare un disegno, una argomentazione che passo dopo passo ci porta in una direzione precisa: ogni gradino uno spunto, un aforisma preciso su cui riflettere. Si comincia con la guerra, e con animali che per certi versi appartengono all’ultimo gradino fra quelli con cui abbiamo a che fare, le formiche; come a dire, leggendo al contrario, che la guerra ci precipita nei primordi dell’evoluzione, fa di noi uomini poco più che insetti. È un discorso sulla violenza che troviamo nel Velociraptor, nei morsi, nell’alba rosso sangue e nel gesto indifferente dell’animalista (che non a caso, in un richiamo a distanza forse inconsapevole, schiaccia formiche per divertimento). Una serie negativa cui si interseca, quasi in alternanza pari dispari, una serie positiva: dall’autonomia libera di Rudy al senso materno di Matìa, alla struttura, architettonica e politica della “città di carta”, forse anche alla serena e saggia accoglienza di Mary per il pipistrello intruso. Come dire che negli animali in fondo possiamo anche specchiarci, che vi ritroveremo lo stesso difficile intrico di violenza e amore con cui dobbiamo destreggiarci tutta la vita. Nell’ultimo racconto una cosa in più, che mette un suggello e salda le contraddizioni: si parla della capacità di alcuni animali di percepire oltre la superficie del reale e del quotidiano, un sesto senso appunto, di percepire i malesseri degli uomini, di consolare, di ricucire dissidi. Perfino di apparire in sogno ed esserci vicino in quella vita al di là della coscienza di cui noi sappiamo pochissimo e con cui loro forse hanno mantenuto ancora una maggior confidenza.

Nel libro, democraticamente, si trovano figure indimenticabili di animali, dal cavallo Annie, supremamente indifferente a tutte le lusinghe umane, al senso materno della cagnetta Matìa, alla inossidabile autonomia del bassotto Rudy: solo qua e là compare qualche umano, e di solito ci facciamo una figura un po’ ingenua o addirittura meschina. Così l’amica animalista, che forse di animalismo aveva scopiazzato solo la facciata, ma anche la stessa autrice terrorizzata davanti ad un gallo prepotente o, già adulta, davanti ad un pipistrello che fa irruzione in camera. Una guida in questa ricerca di un rapporto con l’animalità del mondo Manuela pare averla trovata in suo padre, che rievoca in tanti racconti e a cui rivolge parole commosse: il padre che, preso dalla foga tutta umana di aiutare, finisce per scambiare il proprio cane con un intruso o che, saggiamente, sa come comportarsi davanti alla follia omicida del cane che gli stermina il pollaio. Da lì sarà arrivata questa passione per un mondo semplice che da millenni ci scorre vicinissimo, con sue leggi e sue regole: un mondo da cui siamo venuti anche noi e che dovremmo imparare a rispettare per quello che è, restituendogli quella dignità che intimamente possiede e che in fondo è anche la nostra.

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