TRE CIVETTE SUL COMÒ – i giochi: primo strumento d’indagine di sé e del mondo

“Il mio gioco era dettato dallo stesso impulso che ebbe l’uomo primitivo a crearsi divinità per non avere paura, per non sentirsi solo, per darsi una ragione, una spiegazione, un punto di riferimento che sostituisse la madre da cui era stato eviscerato e dalla quale fu per anni nutrito e difeso. Io ero quell’uomo (o donna, poco importa) che scolpiva la Venere di Willendorf, che seppelliva i suoi morti con ghirlande di fiori e ossa di animale, che venerava amuleti all’interno di nicchie.”

Nella convinzione che esista un parallelismo tra l’evoluzione di un essere umano durante la sua vita e l’evoluzione dell’umanità nel corso della storia, ho preso in esame i giochi, insieme al disegno prima espressione di un individuo. Tra questi ho privilegiato quelli estemporanei, quelli che io e mia sorella ci inventavamo sul momento, ispiratici da qualcosa che ci capitava tra le mani o che avevamo visto, giochi con un tempo di scadenza, che più che giochi potevano rientrare nell’ambito della recita, della creatività manuale, della sceneggiatura, o toccare sfere ancora più alte senza che noi ce ne rendessimo conto: religione e speculazione filosofica. Ci addentravamo in spazi metafisici, onirici, fantastici alla ricerca di verità superiori, che trascendevano la famiglia, fonte a volte di amarezze e disillusioni. Questo non perché Bruna ed io fossimo più dotate degli altri bambini: sto facendo riferimento a tutti gli esseri umani, perché tutti abbiamo le stesse pulsioni, gli stessi istinti ancestrali, quelli dell’uomo primitivo, che lo hanno spinto verso orizzonti sempre più lontani, verso il trascendente e l’infinito.

Ogni capitolo è corredato da una illustrazione. La tecnica che ho adottato è quella del tratteggio a china. Lo stile fantastico-surreale dei disegni esalta la versione eroica, onirica, border-line che i ricordi restituiscono della realtà. Il disegno è stato la tecnica perfetta per rappresentare ciò che sta al capo opposto dell’inizio, e cioè la sintesi, ciò che resta di quello che si è progettato e vissuto: il ricordo.

 

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