Sembra che Aleph, nome d’arte di Gianni Pizzinato, riversi nei suoi quadri immagini e sensazioni della sua vita, del suo pensiero, sottoforma di una sostanza magmatica e monocroma. Questa scaturisce a fiotti da paesaggi surreali popolati da assurde combinazioni di esseri ed oggetti raccapriccianti che, pur non avendo nulla di terreno, sono reali per limpidezza ed amore per il dettaglio.

La sostanza magmatica, che si sprigiona come ectoplasma, è tutta da esplorare. É costituita da un groviglio di corpi , tentacoli, facce di uomini deformate. Il tutto, decifrabile nella forma, non lo è nel significato: ma come si può decifrare, riordinare il pensiero?

Sono le macchie e le forme casuali che una prima stesura veloce del colore determinano che gli suggeriscono i soggetti da realizzare, in un processo vicino a quello dei bambini quando scoprono forme reali nelle forme astratte di nuvole ed intonaci scrostati.

La medesima sostanza dà vita a nudi di donna: ad un esame attento il chiaro-scuro di sterni incavati e glutei rotondi è un mondo a sé, in armonia o in conflitto con l’immagine che definiscono. Soavi infiorescenze, nugoli di piccole forme tormentate e brulicanti come colonie di insetti, teste di leoni, di donne, di draghi . . . Il tutto è indefinito perché fatto della stessa materia diafana e polverizzata.

Guardando queste opere è più facile pensare che siano, più che atti liberatori dei propri fantasmi, labirinti che il pittore costruisce ed in cui si perde.