L’impatto con la pittura di Polles ci svuota. Le sue non sono immagini del reale, ma rappresentazioni del nostro io più profondo, più indifeso, riflessi della nostra parte più intima, che conserva intatti impulsi e paure.

Sono figure di piccoli uomini, di bambini, anzi di feti, avvolti nonda un caldo e rassicurante utero ma dal buio del cosmo, come se fossero stati sbalzati fuori prima di essere pronti, pronti nel fisico,ancora incompleto, e pronti nell’animo per accettare la vita, la morte.

Le vibrazioni delle loro urla mute echeggiano nei nostri animi, enelle loro bocche spalancate c’è lo stesso vuoto, lo stesso buio che li circonda, nulla nel nulla.

I soggetti si stagliano nelle loro nicchie oscure coi colori accesi e tormentati di lampadine che non illuminano ma che emettono gli ultimi, irregolari balenii prima di fulminarsi per sempre.

Non ci consolano nemmeno i piccoli volatili che a volte affiancano queste figure e che incombono su di esse come infauste minacce, o che da soli popolano le tormentate composizioni dell’autore.

Considerare le opere di Polles drammatiche od espressioniste non mi sembra esatto: l’artista non deforma la realtà, l’annienta; non turba i nostri animi, ma li spoglia, li riduce all’essenza, come se nulla di quello che ognuno di noi fa o dice contasse, come conta invece quell’unico animo che ci accomuna, solo e disperato.